Buongiorno Lettori!
In questi giorni combatto nuovamente con una grande stanchezza, forse a causa del tempo, non so. A marzo, di solito, ho il problema con le allergie, tuttavia il clima di questo inverno forse ha un po’ spostato anche le fioriture, non so! Comunque parliamo di cose belle e anche meno, ovvero del libro che ho letto in questi due giorni.
Ho avuto un po’ di problemi con un libro che avevo in lettura, così ho deciso di spostarmi su qualcosa di breve per sbloccare un po’ la situazione e invece… insomma, ho letto Cose che si portano in viaggio di Aroa Moreno Durán, edito Guanda.
Cose che si portano in viaggio
Aroa Moreno Durán
Guanda
Prezzo: 16.00 €
eBook: 9.99 €
Trama: Katia è nata nella Berlino del secondo dopoguerra, in una famiglia di comunisti spagnoli fuggiti dopo la Guerra civile. Insieme alla sorella vive un’infanzia tutto sommato serena, pur tra le numerose difficoltà: l’incontenibile malinconia della madre, la testardaggine del padre, convinto sostenitore dello Stato socialista, e una valigia intoccabile, nascosta sotto il letto, piena di ricordi di cui le figlie devono restare all’oscuro. Nel 1971 Katia lascia clandestinamente la DDR proprio come clandestinamente vi erano entrati i suoi genitori, per seguire un ragazzo dell’«altro lato» di cui si è innamorata, dando ascolto al più irragionevole degli istinti. Non ha ancora vent’anni e quella decisione la separa per sempre dal solo passato che possiede. La sua è una scelta che si configura come un tradimento: fuggendo Katia tradisce la famiglia, la propria storia, il paese in cui è nata, e commette un’azione imperdonabile, che la condanna a vivere senza un’identità, senza le radici che ha dovuto strappare per oltrepassare il Muro… Quali sono le cose che porterà con sé in un viaggio come questo, da cui non c’è ritorno?
Cose che si portano in viaggio è un libro che mi ha colpita da subito per la trama, per l’argomento trattato.
Katia vive con la sua famiglia nella DDR, la zona di Berlino sotto l’influenza sovietica; i genitori sono spagnoli fuggiti dal regime di Franco e lei e la sorella sono nate a Berlino, quindi tedesche a tutti gli effetti.
Da subito si capisce quanto la vita nella DDR sia difficile. Si vive in un regime di povertà, negli anni ’70 ci sono ancora le tessere per ritirare il cibo, si rischia il carcere o peggio se si espone un pensiero contro il partito.
In questo clima di totale devozione allo Stato, Katia inizia a sentirsi in trappola e l’incontro con Johannes la spingerà a compiere un’azione senza ritorno: fuggirà per raggiungere l’altro lato, rischiando la sua vita e inconsapevolmente, quella dei suoi cari.
Mi sarei aspettata un corposo racconto sulle due Berlino, sulla differenza tra i due lati, invece la scelta di andare avanti negli anni (anche cinque alla volta) non mi ha dato la possibilità di assimilare nulla. Non si capiscono le emozioni di Katia all’innalzamento del muro, non si ha la percezione delle sue sensazioni, troppe cose vengono lasciate in sospeso o dette a metà, anche a causa della narrazione in prima persona (cambierà solo nell’ultima parte, quando avrebbe avuto più senso mantenerla).
L’incontro con Johannes le rivoluziona la vita, ma a me lettrice ha dato poco, quasi nulla.
Probabilmente, ai giorni nostri, Johannes prenderebbe una denuncia per stalking, comunque dopo aver seguito Katia per diverso tempo, i due si innamorano e lui la convince a passare dall’altro lato, a scappare.
In realtà si capisce quanto Katia non ami Johannes, quanto sia solo un mezzo per conoscere quel che c’è al di là del muro, infatti si fida di un uomo che non conosce, cerca in lui l’evasione, cadendo in una spirale fatta di depressione e solitudine.
È una storia che mi ha dato davvero poco, che si legge in un pomeriggio, ma decide di rendersi ostica per i dialoghi, non segnalati, che entrano di prepotenza nella narrazione. Una scelta stilistica che non ho ben capito, perché si è nel bel mezzo dei pensieri di Katia e così, all’improvviso ci si rende conto di essere in un dialogo.
Un libro che sicuramente offre spazio per una grande riflessione sui muri, sulla storia, sulla politica, sulla famiglia, ma valutando il racconto, la narrazione complessiva non mi ha soddisfatta.
Katia racconta la vicenda, è tutto in prima persona, tuttavia non si ha una vera percezione dei personaggi intorno, soprattutto del padre, simbolo della famiglia nella DDR eppure relegato a persona sullo sfondo, un’entità che ogni tanto da ordini e urla, ma finisce lì.
Insomma, la delusione doveva arrivare!
Peccato perché questo libro mi aveva davvero incuriosita, l’avevo anche fatto mettere da parte in libreria!
Vabbè!
Scheggia