Buongiorno Lettori!
Finalmente oggi vi parlo di un libro che ho letto quasi un mese fa e che tuttavia ha richiesto del tempo per essere metabolizzato.
Non sarà una vera recensione, anche perché potremmo inserire questo volume nella categoria della saggistica, ma voglio comunque raccontarvi che tipo di riflessioni ho potuto fare e perché dovreste cedere a questo piccolo volume, magari per approcciarvi alle tematiche femministe.
Riesco a parlarvi oggi di questo libro perché in questi giorni è successo il finimondo. Abbiamo avuto uffici stampa un po’ fantasmi, recensioni criticate, comportamenti messi in discussione e tanto tanto tanto altro, però c’è stato un momento, breve ma intenso, in cui tante donne si sono unite, pronte a protestare contro il comportamento sfacciato e offensivo di un uomo.
E allora oggi vi parlo di Signorina di Chiara Sfregola, un libro che non ci informa solo su tanti dati (alcuni anche molto conosciuti) ma cerca di aprire uno spiraglio sulla vita matrimoniale di una coppia di donne che, senza entrare nel dettaglio, potremmo definire semplicemente una coppia, perché hanno i problemi di tutti, sapete?
(vi frega davvero sapere chi sono i componenti, il loro sesso e i loro gusti?)
Signorina. Memorie di una ragazza sposata
Chiara Sfregola
Fandango
Prezzo: 16.00 €
eBook: 9.99 €
Trama: Dall’11 maggio 2016 le unioni civili sono legge. E se sul matrimonio è stato scritto molto e sulle donne altrettanto, sulle donne che hanno deciso di sposarsi fra loro si sa molto meno. A riempire con la sua intelligenza questo vuoto, arriva Chiara Sfregola che, a partire dalla sua esperienza di lesbica, di femminista e di moglie, racconta con un passo a metà tra saggistica e memoir cosa è stato storicamente e cosa sta diventando, oggi, il matrimonio. Una volta pronunciato il fatidico sì molte persone, anche di destra, anche persone che sono sempre state contrarie all’adozione da parte delle coppie gay, hanno iniziato a chiederle quando aveva intenzione di fare figli. Altre persone, lesbiche incluse, hanno chiesto dell’abito: chi indosserà quello bianco? (che è la versione politically correct del “chi fa l’uomo?”). Alcune femministe l’hanno guardata male: tu quoque, ossequi l’istituzione antiquata e collabori col patriarcato? La sfida di questo libro è rispondere a queste e a molte altre domande. Per esempio: se il matrimonio nasce come istituzione che limita la libertà delle mogli, qual è il senso del matrimonio fra due donne? Come si può reinventare, fra pari, quello che è sempre stato, storicamente, un rapporto di sottomissione? Se non vuoi avere dei figli, cosa ti sposi a fare? Che succede ora che una femminista può sposare una sua “collega”? La risposta possibile è una: succede che il matrimonio va a un corso di aggiornamento. Perché se le donne cambiano, anche il matrimonio deve cambiare. Una lettura indispensabile per capire i nuovi modelli di famiglia e inventarne di nuovi.
Da adolescente ero una sognatrice.
Pensavo che dopo il diploma mi sarei laureata senza difficoltà, mi sarei sposata, avrei lavorato e avuto dei figli, anche perché tutto intorno a me quello era il modello.
I miei genitori hanno sempre lavorato, i genitori dei miei compagni di classe lavoravano, erano sposati e sembrava avessero fatto tutto secondo le regole.
Poi ogni tanto spuntava fuori “l’anomalia”.
C’erano coppie separate ed erano uno scoop, quasi non se ne parlava, quasi ci si vergognava.
Il mio percorso è stato ben diverso dai sogni adolescenziali.
Dopo il diploma ho passato l’estate a lavorare, non per necessità, ma per il desiderio di possedere dei soldi miei, guadagnati.
Poi c’è stata l’università, che potrei riassumere come un disastro epico.
Ho abbandonato economia, ho oziato e non ho combinato nulla, incredula. Cosa avrei fatto della mia vita? Tutti andavano avanti e io?
Poi la svolta nel 2012, di nuovo l’università, il terrore del primo esame, quel 30 arrivato come un raggio di sole e che è riuscito a spianare tutto il percorso. I conti fatti, la media, quel file aperto sul pc per anni, con i voti che si sommavano e la mia faccia tosta alla fine di alcuni esami.
“28, va bene?” “No. Torno la prossima volta. Io al suo esame voglio 30 e magari anche la lode”.
Ma ancora niente matrimonio, perché poi mi sono resa conto che le priorità per me erano cambiate.
Ho pensato che i figli avessero bisogno di tempo ed energie, che un matrimonio avrei potuto celebrarlo anche più avanti, ma con i figli entrano in campo anche tanti altri fattori.
E poi il desiderio di realizzare qualcosa di mio, totalmente mio.
E il matrimonio?
Alla gente non sta mai bene niente.
Vai a convivere? E il matrimonio?
Ti sposi? Ah ma in comune non vale! (E potremmo discutere anche sulla questione eh)
Fai un figlio? Fanne un altro, così non lo lasci solo.
Hai due figli/figlie? Fai il terzo che magari ti esce quello dell’altro sesso.
Ti serve aiuto? Hai voluto la bicicletta e mo pedali.
E secondo me già con queste domande e risposte potrei farvi capire perché leggere Signorina di Chiara Sfregola, che ha deciso di sposarsi non per imposizione, bensì per desiderio, per voglia e che ci fa capire (tra le tante cose importanti e serie) anche un’altra cosa: il matrimonio è un affare serio e organizzarlo richiede impegno, forza, volontà e tenacia.
Chi ha trasformato il matrimonio in un obiettivo per le donne lo ha fatto per distogliere l’attenzione dal fatto che fosse un mezzo per sottometterle. Ma noi possiamo cambiare il significato di questa istituzione, e farne una cosa bellissima.
In Italia lavora solo una donna su due, e la percentuale di donne lavoratrici cala disperatamente fra le mamme. Secondo i dati dell’Ispettorato del lavoro,2 tre volte su quattro le dimissioni vengono presentate dalle lavoratrici madri. La motivazione più ricorrente per le dimissioni è l’impossibilità di conciliare il lavoro con la vita familiare. I numeri sono chiari: se nella fascia d’età 29-44 il tasso di disoccupazione fra le donne senza figli è del 19%, fra quelle con i figli cresce spaventosamente: 29% al primo figlio, 40% con due figli, 52% con tre o più figli.
Vi è mai capitato, in un colloquio di lavoro, di sentire la domanda “Sei fidanzata? Hai figli?”
A me si. All’epoca non ci feci caso, la catalogai come la classica domanda per farsi i fatti degli altri, con il tempo poi ho scoperto che c’era il secondo fine.
Sei fidanzata? Potresti volerti sposare, avere dei figli, saresti un peso per l’azienda.
Spesso alle donne viene rinfacciato di non sapere quello che vogliono, ma io penso che sia proprio la società a fornire loro input antitetici. Devono essere creature mitologiche, come le sirene: metà e metà. Devono essere madri come se non lavorassero e lavoratrici come se non avessero figli. Prime della classe ma umili, bellezze al naturale ma curate, slanciate ma meno alte di un uomo. Metà Madonne immacolate, metà puttane patentate.
La verità è che ho segnato tante, tantissime cose in questo libro, perché come al solito vengo catturata dai dati, dalle spiegazioni e mi arrabbio, divento velenosa dentro perché penso a questo mondo, al fatto che essere cattivi sembri essere più facile dell’essere buoni.
Questo è un libro che non posso recensire, non come faccio con gli altri.
Non ci sono personaggi, trama, sviluppo, ma posso dirvi che è un piccolo volume che potrebbe davvero farvi capire molte dinamiche, che non vi appesantirà la giornata, perché tanti dati fanno schifo nella loro crudeltà, ma Chiara Sfregola sa alleggerire alcune situazioni, sa utilizzare l’ironia dove possibile, sa parlare a chi vuole ascoltarla, senza farla sentire diversa, sola o abbandonata.
Pone l’attenzione, in 27 capitoli, sugli aspetti che riguardano le donne, il matrimonio, il lavoro, i figli e tutte quelle situazioni che troppo spesso sono oggetto di cronaca, come la violenza.
E poi c’è Chiara che racconta la sua esperienza di donna, di essere umano, la sua esperienza di vita, il suo rapporto con la comunità, con la famiglia e con sua moglie. E quindi, voglio chiudere con un’altra citazione, parole che ci è capitato sicuramente di sentire e che vi faranno riflettere e anche sorridere.
Se siete lesbiche almeno una volta nella vita, almeno per scherzo, qualcuno vi avrà fatto questa domanda: “Chi fa l’uomo?”.Probabilmente il motivo è che in metà delle foto di matrimoni di lesbiche che vedo su Instagram una delle due indossa un abito da uomo, mentre non vedo mai coppie di maschi in cui uno indossa l’abito bianco.Probabilmente il motivo è l’educazione sessuale ricevuta dai film porno.Se siete voi ad aver avuto l’ardire di fare questa domanda, sappiate che è una domanda del cazzo.

È vero, questa non è una classica recensione, è ben lontano dall’esserlo, però a volte bisogna saper fare un passo avanti (mai indietro, in questo caso) e parlare di un libro anche in base alle nostre esperienze, portarlo all’attenzione di qualcuno e invitarlo a immergersi tra le sue pagine, ricche di informazioni e prive di veleno.
E credo sia importante affrontare alcune letture, soprattutto in un periodo pieno di ragnatele e problemi.
(vi tenete il buongiorno a inizio post, perché ho iniziato a scrivere alle 10 e ho finito all’ora di pranzo.)
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