Buongiorno Lettori.
Lo so che il mio buongiorno arriva quasi sempre all’ora di pranzo, ma sono giustificata: ieri sera ho fatto tardi. È estate quindi la sera faccio tardi anche io che sono pantofolaia per scelta (e quindi il giorno dopo sono uno straccio che cammina) ma oggi non stiamo qui a sentire ‘sta vecchia brontolona che si lamenta del sonno, bensì per una recensione che sto scrivendo dopo giorni di riflessione, di arrabbiature e tante altre cose.
Partiamo dal principio. Conoscere tante blogger significa avere la possibilità di conoscere tanti altri libri, significa confrontarsi con le opinioni altrui e scoprire punti in comune. Laura, la nostra amata/odiata Libridinosa, tempo fa mi consigliò il libro di Tommaso Fusari ed era così emozionata nel parlarne, che mi aveva proprio convinta. Facendo la lista dei libri da acquistare tra agosto e settembre, il suo entrò dritto in lista e alla fine? Alla fine Laura me l’ha regalato, con tanto di dedica. E sarò romantica in questo momento, ma per un libro scritto da un romano, ambientato in parte a Roma, riceverlo in dono a Roma è puro romanticismo.
Ok. Deliri a parte, vediamo di cosa parla questo libro!
Tempi duri per i romantici
Tommaso Fusari
Mondadori
Prezzo: 16.00 €
eBook: 4.49 €
Trama: Stefano ha ventidue anni e una vita tranquilla. Simpatico, belloccio e con la battuta sempre pronta, divide il suo tempo tra le serate a Trastevere con gli amici, il lavoro che non ama particolarmente ma che gli permette di avere una casa tutta per sé, le polpette piene d’amore di mamma e la storia con Michela. Sembrerebbe andare tutto per il verso giusto eppure a Stefano qualcosa non torna. Non può fare a meno di sentirsi incompleto, fuori posto, fuori cuore. Stare con Michela gli ha fatto capire che “con una donna puoi ridere, mangiare, guardarci un film, scoparci tutta la notte, prenderci il caffè insieme e correre comunque il rischio di non amarla”. Perché l’amore vero è un’altra cosa. E sta da un’altra parte. Allora succede che ritrovare un dischetto di cartone con sopra disegnato un pettirosso dia uno strattone alla sua vita costringendolo a ripensare a quando, dieci anni prima, era poco più che un bambino. E a ricordare quegli occhi scuri e profondi, quelle lentiggini che diventavano una costellazione, quel modo goffo e particolarissimo di tirarsi da parte i capelli rosso fuoco. Da quel momento niente ha più senso se non andare a cercarla, ovunque sia, rischiando di perdere tutto pur di ritrovarla. Lei, Alice, il pezzo mancante, la ragazzina che ti guardava in un modo che non sai spiegare, in un modo che ti sentivi subito a casa. Perché, davvero, certe volte perdersi diventa l’occasione unica e imperdibile per ritrovarsi. Perché “si possono dimenticare episodi, eventi, parole, canzoni, ma mai le persone che ci hanno fatto del bene”.
Voglio partire dal presupposto che in questo libro c’è un po’ una parte del mio cuore, perché anche se non sono proprio di Roma, certi comportamenti, certe situazioni, certi modi di dire mi sono così familiari che non sono riuscita a non sorridere e a non farmi coinvolgere da alcuni avvenimenti che ti fanno esclamare “Cavoli! È vero! L’ho fatto proprio io!”.
Stefano ha ventidue anni ed è un ragazzo fortunato: ha una famiglia che gli vuole bene, una compagnia di amici abbastanza pazza e un lavoro, cosa non scontata in questo periodo. Eppure a Stefano manca qualcosa, qualcuno relegato in fondo al proprio cuore, chiuso a doppia mandata per evitare che voli via l’ultimo ricordo di quella bambina che tanti anni prima gli aveva fatto capire cosa significa aspettare con impazienza il ritorno di una persona.
Passavano i giorni, il cielo era lo stesso, la luce della luna che illuminava uno spazio vuoto di lenzuola aggrovigliate.
Passo l’ennesimo domani e io pensavo “Alice, mi dispiace, scusami davvero, ma il cinema lo hanno demolito, ci hanno costruito dei palazzi di cartapesta” mentre spegnevo le candeline dei miei diciott’anni.
Nella quotidianità romana a Stefano manca qualcosa, manca quel pezzo che anni prima è andato via e che l’ha lasciato lì senza un perché, senza un motivo: Alice.
E sarà proprio la sua ricerca che spingerà Stefano a lasciare Roma per salire su al nord, in una Torino così diversa dalla città che tutti i giorni osserva dal suo balcone.
«Buongiorno, un caffè e un cornetto, grazie.»
«Un cornetto?»
«Si.»
«Cioè il gelato?»
«Ehm no, il cornetto cornetto. Con la Nutella, se ce l’ha.»
«Ah, la brioche!»
«… si. La brioche» mi fece quasi male al cuore ripeterlo.
Questo libro non è solo una storia d’amore tanto intensa quanto triste, è una storia d’amore con la propria città, con il senso di appartenenza ti ricorda che non puoi dimenticare da un giorno all’altro quel luogo dove sei cresciuto, quei palazzi vecchi e le strade fatte di sampietrini.
È la storia di Stefano ed è anche la storia di Alice, catapultata altrove quando sei troppo piccola per opporti e per capire del tutto cosa sta succedendo. Troppo piccola per dire no, abbastanza grande per conservare il ricordo dei giorni passati, con lo zaino troppo grande sulle spalle e la strada da percorrere per andare e tornare da scuola.
In uno stile scorrevole, con la cadenza romana che fa capolino nei dialoghi tra Stefano e i suoi amici, la storia ci racconta di come questo ragazzo di soli ventidue anni, armato di pazienza e una dose massiccia di romanticismo, parta per Torino alla ricerca di un balcone dipinto di rosa, di una pasticceria abbastanza antica, di una ragazza che potrebbe riconoscere ovunque in mezzo alla gente, anche a distanza di anni.
Forse alcune situazioni sono troppo facili, si risolvono in un attimo ma forse è giusto così, nello spirito romantico di Stefano che molla tutto e parte, inseguendo l’idea di Alice, l’idea di una bambina che sa di ritrovare donna.
Cercai su tutte le targhette dei citofoni, ma niente, alcune erano senza nome ed ero così tentato di premere il pulsante per accertarmi che non fosse proprio quella di Alice. Poi la cercai per tutti i locali, mentre il sole scendeva e cominciava ad alzarsi un vento leggero ma freddo. La cercai tra le coppie che facevano l’aperitivo e la musica alta. La cercai tra i tavolini e le T-shirt delle cameriere con stampato il loro nome sulla schiena, chiesi di lei ad alcuni proprietari e mi sentii rispondere distrattamente che non la conoscevano, la cercai e pensai di trovarla in un paio di occhi che sembravano i suoi, pensai di trovarla nella sfumatura di capelli di una ragazza che mi dava le spalle, in piedi appoggiata al bancone.
Tutto quello che ho amato di questo libro è difficile da condensare in poche parole: i personaggi così reali e vicini per quel loro modo di parlare, Stefano così romantico e unico che non si può non amarlo, la storia tra Alice e Stefano, che va ben oltre l’amore, ma attraversa anni, notti di paura, camminate vicini per andare a scuola, zaini troppo grandi per essere destinati a spalle così piccole. La rabbia di Alice, le incomprensioni, le scelte sbagliate. La città, le polpette (si, le polpette hanno una menzione speciale, perché se non avete mai mangiato le polpette, che siano fritte o al sugo, vi mancano proprio le basi. Un po’ come non aver mangiato i supplì), le serate in macchina a cercare un parcheggi e la voglia di assaggiare un trapizzino, che io ve lo dico, non l’ho mai mangiato.
E le aspettative. Perché leggendo Tempi duri per i romantici non sapevo cosa aspettarmi e invece mi sono ritrovata a leggere parola dopo parola con il fiato sospeso, con i fazzoletti vicini, con l’ansia, con la paura e la speranza nel cuore.
Ecco. Se un libro vi fa provare tutte queste emozioni, è un libro speciale, per questo dovete leggerlo perché con uno stile semplice, con una narrazione delicata, con uno sguardo giovane e romantico dell’amore, vi ritroverete in mano una storia affatto scontata e densa di emozioni.
E no. Non è poco.
Un libro per me pieno di emozioni che non posso non consigliarvi. È un libro che entra nel cuore e ci mette le radici.
Nelle ultime righe, dedicate ai saluti, questa volta aggiungo anche i ringraziamenti che vanno direttamente a Laura, che mi ha fatto conoscere questo libro, che me l’ha regalato e ci ha anche fatto scrivere la dedica, e poi ringrazio Tommaso Fusari che la dedica l’ha scritta a Deborah con l’acca, così si sa bene di chi è questa copia piena di segnalibri messi per evidenziare le mille citazioni che non voglio dimenticare.
Bè Lettori io vi invito a leggere questo libro e se già l’avete fatto, ditemi se anche a voi è piaciuto tanto quanto a me.
Scheggia
Cartaceo | eBook |
È tanto tanto tanto bello!
Si è vero 😍
Oh prego! Poi andiamo a mangiare il trapizzino con Tommaso, io e te!
Si 😍 che secondo me ‘sto trapizzino è proprio buono! Pesante, ma buono!
Letto in meno di ventiquattro ore! Concordo con gli aggettivi da te utilizzati: emozionante, delicato, romantico. Corro a mangiare un trapizzino…
Il trapizzino lo voglio anche io XD