[Recensione] Sette lettere, un destino di J.P. Monninger

Buongiorno Lettori!

Stamattina il blog vi da il buongiorno con una recensione negativa! Chi mi segue su Instagram lo sa, ma in questi giorni ho avuto tra le mani un libro che non ha saputo trasmettermi alcun tipo di emozione, oltre al fatto che sembrava infinito.
Mi è dispiaciuto tantissimo perché era un titolo che credevo potesse piacermi molto, per questo l’ho chiesto alla Casa editrice Sperling & Kupfer, che comunque ringrazio per la copia.
Oggi vi parlo di Sette lettere, un destino di J.P. Monninger.

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J.P. Monninger
Sperling & Kupfer
Prezzo: 17.90 €
eBook: 9.99 €

Trama: Doveva essere un semplice viaggio alla scoperta delle affascinanti isole Blasket, un tempo cuore dell’Irlanda e della sua letteratura e ora abitate soltanto dal vento e dal silenzio. Un anno sabbatico per completare la tesi di dottorato sulle donne che avevano abitato quei luoghi circondati dal mare, poi Kate sarebbe tornata nel New Hampshire, alla sua vita che era riluttante a lasciare. Ma quando arriva sulle coste irlandesi, i suoi piani vengono inaspettatamente sconvolti: la ragazza è investita dal fascino di quei luoghi magici e selvaggi, di quelle distese color verde brillante battute dai venti, accarezzate dall’aria salmastra e dalla foschia del mattino. E dall’amore per un uomo misterioso: Ozzie Ferriter, un pescatore americano di origini irlandesi, reduce dalla guerra in Afghanistan, che nella solitudine di quella terra cerca rifugio da un passato che lo tormenta. Kate e Ozzie, travolti da una passione incontenibile, iniziano a costruirsi una vita sulla costa rocciosa dell’Irlanda, dove è il mare a scandire il tempo, tra la pesca di sgombri e merluzzi e il calore dei fuochi di torba. Insieme credono di poter cambiare il corso del destino rifugiandosi su un’isola tutta loro, costruita a proteggerli dagli obblighi e dalle pressioni dell’oceano che li circonda, convinti che il loro folle amore possa spazzare via ogni ostacolo. Quando, però, i vecchi demoni di Ozzie e i sogni ambiziosi di Kate busseranno alla porta della yurta in cui vivono, quell’amore e la fiducia reciproca saranno messi a dura prova. E l’isola felice, solitaria e pacifica che si sono costruiti sembrerà d’un tratto a Kate una prigione da cui voler scappare. Ma così come ci sono ferite che resistono alla forza dell’amore, è anche destino che alcune storie debbano fare giri immensi per trovare il proprio lieto fine.

Divisore Scheggia

Senza troppo giri di parole, cosa non mi è piaciuto di questo libro?
Praticamente tutto.
Forse c’è stata solo una minima parte che mi ha un po’ smosso, ma per il resto ho provato solo tanta noia e rabbia.
Kate è una ricercatrice americana in viaggio in Irlanda e si premura di raccontarci, per le prime 50 pagine, tutto ma proprio tutto dell’Irlanda. Ogni sguardo che rivolge ai paesaggi, come sono fatti, com’è la situazione di ogni pietra, insomma le prime 50 pagine sono una guida Lonely Planet.

Una delle cose che mi ha frenata da subito è stata la mancanza di empatia verso la protagonista: la maggior parte delle sue mosse io non le ho capite, a volte non le ho proprio tollerate e la parola che più assocerei a questo libro è Surreale.
Nella primissima parte, dopo che lei ha conosciuto una persona anziana su un autobus, si ritrova a con un messaggio di questa persona, una macchina e un autista che l’accompagneranno non si sa dove, non si sa perché e lei ci va tranquillamente, senza rifiutarsi, tanto l’autista non ha la faccia del criminale.
Ora, non vorrei ricordare Sette giorni perfetti, ma vorrei anche far presente che non è che un criminale abbia per forza la faccia da criminale.
Vabbè, fortuna per lei non si trova in una puntata di CSI e alla fine si ritrova a fare un viaggio con Gran, la signora anziana dell’autobus, che le presenta Ozzie.

Ozzie non è una persona normale. O meglio lo sarebbe se andasse in terapia da uno psicologo.
No. Lui decide che s’innamora di Kate a prima vista e la inizia a coinvolgere in quella che dovrebbe essere una spirale di passione e che tuttavia, ai miei occhi, l’ho vista come un’enorme forzatura.
L’apice lo si ha in una scena, dopo una tempesta in mare, quando lui mostra il suo vero carattere e lei sembra comunque volerlo giustificare. Manca un’indagine approfondita della psiche di Ozzie, magari sarebbe stato bello leggere di qualche seduta dallo psicologo e parlare del suo disturbo da stress post traumatico, ma invece no.

La parte più pesante del libro è Kate.
Anche nella terza parte, che si svolge due anni dopo, lei è una donna che si umilia, che insegue e giustifica un amore che tale non è. È una continua lagna che inizia a pagina uno e finisce due pagine prima della fine. Non male!

Il finale in sé non mi è piaciuto, troppo da soap opera.
Quello che salvo però è una parte della fine, quando l’autore ci porta a Lampedusa, nei vari centri d’accoglienza e sposta l’attenzione sul delicato tema dei migranti. Posso dirvi poco ma è come se l’autore avesse avuto modo di vedere, con occhi propri, quel che accade in questi centri, focalizzandosi poi sull’accoglienza dei bambini.
È l’unica parte che mi sia realmente piaciuta, ma per il resto ho trovato un romanzo lento, che non scorre, con dialoghi e situazioni forzate e credo che in parte sia dovuto anche alla mia mancanza di empatia verso la protagonista.
Lei si lascia andare a tutto, non ragiona, non pondera, non valuta e non si vuole bene. Questa cosa l’ho detestata, perché dal momento in cui lei vede Ozzie, annulla il suo essere donna e persona, giustificando tutto dell’altro, ma io sono convinta che se uno a colazione beve whisky e non latte o caffè o tè o sostanze non alcoliche, forse qualche domanda dovresti portela, indipendentemente da quanto sia stato bello andarci a letto.

uno e mezzo, votazione, stelline, recensione

Che peccato! Ci speravo davvero tanto su questo libro e invece… Ringrazio ancora la Casa editrice per la copia.
E voi avete letto questo libro o anche il precedente, ovvero La mappa che mi porta a te?

Scheggia

Scheggia

Sono Scheggia ma in realtà sono Deborah e ho una passione sfrenata per la lettura. Entro in libreria ogni volta che ne ho l'occasione, passo ore e ore a guardare i libri, cerco le novità ma anche quelle che non lo sono più. Sono una di quelle lettrici che invadono casa di libri, ne compro in continuazione anche se ho già altre letture prese in precedenza. Amo il mondo dei libri e dell'editoria ed è per questo che la mia più grande aspirazione è entrare in una casa editrice e lavorarci. Io continuo a sperare!

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