Buongiorno Lettori!
Oggi vi scrivo nella speranza di arrivare intera alla fine della recensione, altrimenti in caso di post a metà, sappiate che è colpa del caldo e di una blogger sciolta davanti al computer.
Detto ciò vi voglio parlare di un libro un po’ particolare, ovvero Piccola Sicilia di Daniel Speck (ringrazio la casa editrice Sperling & Kupfer per la copia fornita); particolare perché mi sono approcciata a questo titolo con delle aspettative altissime, ancora innamorata di Volevamo andare lontano, ancora incantata dalle atmosfere, dai rapporti e dall’amore che Speck è in grado di raccontare.
E a volte le aspettative vengono disattese.
Piccola Sicilia
Daniel Speck
Sperling & Kupfer
Prezzo: 19.90 €
eBook: 9.99 €
Trama: Sicilia, oggi. Dal fondo del mare emergono i resti di un aereo inabissatosi durante la Seconda guerra mondiale. Tra i reperti, una vecchia macchina fotografica con due iniziali perfettamente leggibili: M.R. Quelle di Moritz Reincke? Quando Nina era piccola, bastava menzionare quel nome perché calasse un silenzio di ghiaccio: in famiglia, il nonno Moritz era un tabù. Cineoperatore dell’esercito tedesco di stanza in Nord Africa, non aveva mai fatto ritorno a Berlino. Sul perché, solo tre parole: «Disperso nel deserto». Forse per questo Nina è diventata archeologa, per chiarire misteri irrisolti. Ma proprio ora che la verità sembra venire a galla insieme al relitto, una sconosciuta si fa avanti con una storia che stravolge ogni certezza. Nata a Tunisi, dice di essere figlia di Moritz – o meglio, Maurice: il nome della sua seconda vita. Tunisi, 1942. Nel quartiere chiamato «Piccola Sicilia» convivono da sempre ebrei, cristiani e musulmani. Tanti gli immigrati italiani, come la famiglia ebrea dei Sarfati: il dottor Albert e sua moglie Mimi; il figlio maggiore, Victor, affascinante pianista; e Yasmina, salvata dall’orfanotrofio e cresciuta come una figlia, animo inquieto che trova rifugio nei sogni e nell’adorazione per Victor. Con l’arrivo della guerra l’equilibrio del loro piccolo angolo cosmopolita inizia a vacillare. Tra gli invasori tedeschi, un giovane soldato filma quel mondo prossimo alla fine. Il suo nome è Moritz. Taciturno ma straordinario osservatore, preferisce restare ai margini dell’inquadratura, senza farsi coinvolgere dagli eventi. Non sa che una scelta di umanità sta per legare in maniera irreversibile il suo destino a quello di Victor e Yasmina. A costo della sua stessa vita. Perché non si può vivere senza scegliere, e non si può amare senza perdere l’innocenza. Sullo sfondo epico della storia in cui affondano le radici del nostro presente, s’intessono le sorti di due famiglie, spezzate e unite a loro insaputa. Un intreccio di destini in cerca di un luogo da chiamare casa, di un nome in cui trovare rifugio, di una storia in cui riconoscersi e sciogliere i nodi dell’anima.
La verità è sempre fuori campo. L’arte dell’inganno consiste nel rendere così attraente il visibile che all’ingannato non viene neanche in mente di interrogarsi su quanto sbordi dall’immagine. Come un mago che con una mano fa un gioco di prestigio e con l’altra fa sparire la moneta. Ci piace venire distratti. Ci piacciono le storie. Ci piacciono le conferme.
Piccola Sicilia inizia con Nina, da poco separata e in procinto di divorzio, che viene contattata da Patrice: forse è stato ritrovato il velivolo sul quale viaggiava il nonno, disperso e morto in mare durante la Seconda Guerra Mondiale.
In attesa di poter recuperare quel mezzo in fondo al mare, Nina incontra Joëlle che si rivela a lei più vicina di quel che potesse pensare. Inizia così un racconto sul passato, sulla vita di Yasmina, di Moritz e di Victor, sulla vita di Joëlle e su quanto involontariamente abbia influenzato quella di Nina, di sua madre e di sua nonna, una donna che durante la guerra e la caduta delle bombe, spera nel ritorno del proprio amato.
Daniel Speck ci aveva già mostrato una grande capacità nel narrare i drammi familiari, in grado di collegare eventi privati e storia, mostrando agli occhi del lettore un intreccio fatto di intrighi e sentimenti, zone d’ombra e di luce.
Questo libro si propone di narrare la storia di un amore, di più drammi, di una famiglia messa alla berlina perché ebrea. Ci narra dei tedeschi e degli italiani, invasori a Tunisi, in tutta l’Africa con il loro esercito e ci racconta di quante cose possano cambiare con l’arrivo degli invasori, delle loro armi, delle loro leggi. Delle leggi razziali.
La famiglia di Yasmina viene privata di tutto, giorno dopo giorno. Prima sono gli averi personali, poi la libertà.
Eppure non sempre chi combatte per una guerra, sposa la sua causa.
Tra le bombe che cadono e le vite appese a un filo, si incontreranno le strade di Moritz e Yasmina, figlia adottiva di una famiglia ebrea, ragazza che guarda con occhi adoranti suo fratello Victor.
Intrecciando le vite di queste persone, Speck cerca di portarci nella loro storia, cerca di farci innamorare delle loro vicende, dei loro drammi e dei loro amori, ma stavolta credo abbia esagerato e sia stato troppo prolisso, rallentando la lettura, impedendomi di affezionarmi realmente ai personaggi. Lo scorrere della storia a volte si perde e poi si riprende; l’autore sa tirare i fili della sua trama e riesce a riprenderli anche quando si allentano.
Il problema principale di questo libro, a mio parere, è nei personaggi e nell’inizio della vicenda.
Joëlle e Nina si incontrano troppo per caso e tutta la loro iniziale conversazione è troppo improvvisa, troppo casuale. Ho sperato ci fosse qualcosa dietro quell’incontro che tuttavia non c’è stato.
Ho trovato particolari anche i personaggi. Individualmente ben caratterizzati, tuttavia credo siano stati un po’ forzati i rapporti, anzi, più che forzati direi un po’ troppo artificiali e privi di coinvolgimento.
Yasmina, alla continua ricerca di una sua storia, individualmente è sognatrice, viziata e priva di realtà, tuttavia nel suo rapporto con Victor e Moritz non ho avvertito alcun tipo di coinvolgimento. Mischia la realtà alle tradizioni e alla fantasia, ma il risultato è stato di una bambina viziata e priva di carattere.
Il rapporto con Victor è stato a mio parere inesistente, frutto della sua fantasia e che tuttavia, ho avuto l’impressione, Speck volesse far passare per qualcosa da sogno.
Moritz, nonostante sia l’ago della bilancia, resta sempre sullo sfondo, un uomo che accetta quel che viene dalla vita, nascondendosi dietro l’obiettivo della macchina fotografica e senza mai uscire realmente allo scoperto.
C’è comunque da dire che Speck sa scrivere, nonostante si dilunghi spesso e a tratti si perda la scorrevolezza, ed è in grado di far rivivere i paesaggi e le città. Ci parla della Piccola Sicilia e sembra di camminare per le strade di quel quartiere, ma ancora di più, sembra di assistere con i propri occhi all’occupazione italo – tedesca.
Mi è davvero piaciuta tutta la prima parte, per il clima che si respira, per la vita che si muove nella notte, per l’incertezza del domani. Ero curiosa e colpita; volevo sapere come certe vite si sarebbero intrecciate, tuttavia a un certo punto ho avvertito lo stallo, il blocco.
All’agitazione della prima parte, si contrappone la calma e la lentezza della seconda, che fa respirare e che tuttavia un po’ annoia.
Nel complesso non è assolutamente un libro brutto, ma sicuramente non va preso con leggerezza. Ha una mole importante e un contenuto che vi porterà a dedicare davvero tante ore a questa lettura. Se avete letto Volevamo andare lontano, non aspettatevi le stesse atmosfere, almeno a mio parere, ma ritroverete comunque tratti indistinguibili di questo autore, dal dramma familiare all’amore che non sempre segue la linea retta che porta al lieto fine.
Da questo autore mi aspettavo davvero di più, però so che leggerò ancora altri suoi libri. Questo non mi ha dato un parere negativo sulla sua scrittura, semplicemente il poco coinvolgimento ha frenato il mio interesse. Spero di ritrovare lo Speck del primo libro quanto prima, perché è innegabile quanto sappia scrivere bene di immigrazioni, amori ed emarginazione sociale.