[Recensione] Tutta intera di Espérance Hakuzwimana

Buongiorno Lettori!

Piano piano cerco di riprendere un ritmo per pubblicare, riprendendomi da questo periodo altalenante. Oggi voglio parlarvi di un libro che mi ha deluso non tanto per i contenuti, quanto per la forma che non mi ha permesso di apprezzare la storia e mi ha reso difficile dedicare del tempo alla lettura. Vi parlo di Tutta intera di Espérance Hakuzwimana, edito Einaudi che ringrazio per la copia.

Tutta intera, Espérance Hakuzwimana, una vita di Stendhal, romanzo, narrativa italiana, Einaudi, adozione, razzismo, sfruttamento, integrazioneTutta intera
Espérance Hakuzwimana
Einaudi
Prezzo: 16.15 €
eBook: 8.99 €

Trama: Ci sono storie che aspettano di essere raccontate. La storia di Taja che vive coi suoi zii, e i genitori li sente una volta al mese. O della sua compagna di banco Charlie Dí, che il giorno della Festa della fioritura scompare saltando il fiume. O di Giulio Abour, che traduce per sua madre le bollette e le poesie. Delle ragazze e dei ragazzi di Basilici, che sono italiani ovunque siano nati. Sono storie d’identità, paura del diverso e desiderio di appartenenza. Di discendenze lontane, e di un domani che si esige nelle proprie mani. A raccontare questi ragazzi è Sara, che tutte le settimane li incontra per aiutarli con la scuola. Ha il loro stesso colore di pelle ma è cresciuta in Città. Credeva di vedersi tutta intera, invece si accorge di dover ancora mettere insieme molti pezzi. Il fiume Sele taglia in due la città, e Sara ogni giorno lo attraversa per andare nella scuola di Basilici. I suoi studenti arrivano da tutte le parti del mondo e la guardano con diffidenza. La chiamano Signorina Bellafonte, perché anche se è nera (come la maggior parte di loro) non è una di loro: è cresciuta di là dal fiume, suo zio è il guardiano del frutteto, e da quelle parti le pesche le chiamano «oro rosa», perché sfamano molte famiglie. Sara è la figlia adottiva di un professore di liceo e della cuoca dell’asilo. Sua mamma preparava torte e coltivava rose, suo padre le ha insegnato la passione per le parole: il suo mondo da bambina aveva confini certi. Ora don Paolo le ha trovato questo lavoro, crede che lei sia la persona giusta. Giusta perché? Questi ragazzini, che conoscono tre lingue e ne inventano una diversa ogni pomeriggio, avranno pure il suo stesso colore di pelle ma la scrutano, la sfidano di continuo. All’inizio non riesce a ottenere la loro attenzione nemmeno per mezz’ora. Le parole non bastano più, forse la strada per comunicare passa per certe esperienze difficili del passato: ogni volta che si è sentita diversa, nel posto sbagliato. Settimana dopo settimana quei nomi impronunciabili e quei volti sfuggenti diventano più famigliari: Tajaeli Kolu che le assomiglia così tanto, Zakaria Laroui con l’occhio pigro e zero modestia, Paul Bonafede che è mezzo italiano e sembra vergognarsene. Ma poi scompare Charlie Dí, che stava sempre seduta al terzo banco, e intanto si moltiplicano le aggressioni nel quartiere: ecco che questo processo accidentato ma prodigioso di conoscenza reciproca rischia di interrompersi. Eppure certe vite spezzate e ricucite possono ancora, come certi innesti, trovare il modo di fiorire.

Divisore Scheggia

Tu non sei della Città, sentenzia senza smettere di fissarmi.
Ah, no? Perché dici così? chiedo dandole anche io del tu, dimenticando le regole che mi sono data.
Perché hai saltato il Sele, risponde, Chi salta il fiume poi mica torna, dice, Non torna mai.

Tutta intera è un romanzo difficile, con tematiche estremamente forti e attuali, tuttavia la forma scelta per narrare questa storia non mi ha proprio convinta.
È la storia di tante vite che si intrecciano ma non vengono mai approfondite e al centro c’è Sara, voce narrante che si sente fuori posto, figlia adottiva di un professore di liceo, con uno zio proprietario di un frutteto dove lavorano persone sfruttate.
C’è il fiume Sele che taglia in due la città creando una distinzione tra chi vive da un lato e chi da un altro. Sara stessa è come fosse il fiume, tagliata a metà nella sua anima turbata: da una parte appartiene a una famiglia che le vuole bene e che però non capisce cosa realmente provi, dall’altra c’è un mondo quasi sconosciuto a pochi passi da casa sua e che tuttavia la fa sentire accolta e respinta ma parte di qualcosa.

Nel momento in cui varca la soglia dell’aula, Sara si ritrova davanti un gruppo di ragazzini tutti diversi tra loro, che non hanno molta voglia di stare lì e che vengono considerati poco dagli adulti, tant’è che nessuno si stupisce nel caso qualcuno di loro sparisca.

Questo libro riesce a parlare di razzismo e sfruttamento, ma anche di famiglia, appartenenza e adozione. nella voce di Sara si avverte il disagio e la voglia di trovare una propria identità e un posto, come se la sua vita non fosse realmente sua e questo si capisce anche attraverso i racconti delle vicende del passato.
Le dinamiche familiari e amorose di Sara si intrecciano con il suo percorso a scuola con i ragazzi, ma per tutto il racconto mi è mancato qualcosa, un vero desiderio di proseguire. Il problema principale è nella scelta relativa ai dialoghi, che non vengono segnalati e te li ritrovi nel flusso del racconto di Sara. Non è un errore, è una scelta narrativa che io personalmente non riesco ad apprezzare e che in questo caso trovo abbia appesantito una storia che già affrontava tematiche di forte spessore, che necessitavano di particolare attenzione.
L’altro aspetto riguarda l’interezza del racconto, che sembra sconclusionato, che non mi ha dato quella sensazione di completezza, quella risoluzione quantomeno di alcuni problemi. Mi è sembrato un lungo racconto senza un reale finale, senza approfondimenti; in qualche modo ha anche senso per le tematiche trattate, però la mia sensibilità di lettrice non è rimasta soddisfatta dal risultato.

Il ragazzo in divisa ferma me. Solo me. Controllo a campione, mi dice.
Non la famiglia con due bambini prima di noi, neanche il ragazzo che ci segue. Lo so perché ho osservato apposta, ci facevo caso. Ultimamente mi capita: presto attenzione a queste cose, cicatrici in bassorilievo. 

Ho un po’ faticato ad arrivare alla fine, eppure il desiderio di leggere questo libro era davvero forte.
Non mi sento comunque di sconsigliarvi la lettura perché vengono affrontate determinate tematiche davvero attuali e di spessore. La mia esperienza di lettura non mi ha permesso di apprezzare totalmente questo libro però potrebbe piacere a chi non ha problemi con determinate scelte riguardanti la struttura e narrazione della storia e che non ci restano male quando alcune questioni restano aperte.

Mi dispiace tantissimo per questo libro che ho trovato un po’ acerbo seppur interessante.

Scheggia

Cartaceo eBook

Scheggia

Sono Scheggia ma in realtà sono Deborah e ho una passione sfrenata per la lettura. Entro in libreria ogni volta che ne ho l'occasione, passo ore e ore a guardare i libri, cerco le novità ma anche quelle che non lo sono più. Sono una di quelle lettrici che invadono casa di libri, ne compro in continuazione anche se ho già altre letture prese in precedenza. Amo il mondo dei libri e dell'editoria ed è per questo che la mia più grande aspirazione è entrare in una casa editrice e lavorarci. Io continuo a sperare!

2 Replies to “[Recensione] Tutta intera di Espérance Hakuzwimana

  1. A volte capita che un libro pur avendo delle ottime premesse non ci prenda come pensavamo. Anche io ho avuto delusioni letterarie di questo genere, bellissima di per sé la storia di base ma la forma proprio non mi piaceva. Proprio per le esperienze passate mi sa che con questo lascio perdere. Come sempre però bellissima recensione ❤️

  2. Grazie per esser riuscita a mettere nero su bianco il disagio e la delusione che ho provato anche io leggendo questo libro. Frustrante, interessantissime tematiche, ma un gironzolare ondivago e contorto, senza una vera risposta.

Commenta se ti va, io sarò ben lieta di rispondere.