Buongiorno Lettori!
Oggi vi parlo di un libro che volevo leggere da diverso tempo e che tuttavia alla fine non mi ha lasciato una sensazione di lettura perfetta. Un litro di lacrime di Kitō Aya è un diario pubblicato postumo. Scritto negli anni ’80, racconta la vita di un’adolescente colpita da una terribile malattia.
Un litro di lacrime
Kitō Aya
Rizzoli
Prezzo: 11.00 €
eBook: 7.99 €
Disponibile su Audible
Trama: Nel vasto mondo asiatico, il diario di Kito Aya ha conosciuto un successo inarrestabile: pubblicato sul finire degli anni Ottanta in Giappone, ha venduto oltre un milione di copie. Una platea affollata per il racconto in prima persona di una ragazzina quindicenne che ha ispirato e incantato un intero continente. Aya racconta dieci anni della propria vita, racconta l’adolescenza e l’inizio dell’età adulta, una vita come tante, ma senza prospettiva, un’esistenza minata dalla malattia, ecco la differenza. Ed è racchiusa qui la potenza di queste pagine: nella ribellione, nell’ironia, nella fragilità che si trasforma in forza, che fanno di Aya un simbolo, una figura di culto. Perché, al di là della sua particolare condizione, è riuscita a gridare con voce limpida cosa vuol dire diventare grandi, e a contare quante lacrime servono per affrontare le sconfitte.
Come si parla di un diario?
Onestamente non lo so, ma voglio provare a parlarvi di Un litro di lacrime attraverso alcuni punti chiave di questo libro.
Tempo. Famiglia. Malattia. Società.
In questo libro emergono queste macro entità che stabiliscono la vita di Aya, ma in qualche modo sono le stesse che potrebbero definire la vita di ognuno di noi, in diverse proporzioni.
Aya è un’adolescente che vorrebbe avere il tempo per fare tante cose, quelle che forse vorremmo fare tutti o abbiamo fatto al momento giusto (o sbagliato), eppure per lei il tempo è davvero un’entità che sfugge e che non permette di essere rincorso, perché le gambe di Aya sono le prime a cedere, mostrando i segni di una sofferenza futura e la rallentano quando a quell’età si vorrebbe solo correre e abbracciare la vita.
Nonostante la malattia sia un tema centrale, il focus è proprio su Aya, che scrive e racconta la sua vita: lei rischia di diventare la sua malattia e si sforza di mantenere una certa autonomia, nonostante la terribile diagnosi.
E piange. Sicuramente il titolo del libro spiega molto, perché Aya piange tanto, eppure non credo di riuscire a fargliene una colpa. Riceve una diagnosi che è peggio di una mazzata tra capo e collo.
Personalmente non tollero molto il pianto, però questo è un diario privato, fatto poi pubblicare, alla quale una ragazza ha affidato i propri pensieri e paure, quindi non posso giudicare più di tanto le sue reazioni personali.
Il rapporto con la famiglia e le persone intorno a lei mi ha fatto riflettere, soprattutto per quanto riguarda il legame con la madre e la questione scolastica.
La madre è colei che si occupa di Aya, che cerca di spronarla – nonostante a volte sembri piuttosto fredda – e che si muove per farle avere un’aspettativa di vita più che dignitosa; il resto della famiglia invece sembra quasi sparire, soprattutto il padre che viene nominato quasi per sbaglio.
«Ti tormenti, chiedendoti perché non puoi più fare certe cose, e quel sentimento prende il sopravvento. In sostanza, in te nasce un conflitto tra corpo e spirito. Anche quello che per gli altri è solo la ripetizione meccanica di un esercizio di ginnastica ascoltato alla radio, per te è una vera lotta dello spirito, una forma di allenamento. Aya, non angosciarti pensando a ciò che verrà; piuttosto, pensa che c’è un futuro. Tu piangi spesso, ma io guardandoti non provo pena.»
Mi ha stupita anche la parte relativa all’istruzione, perché si parla di scuole per disabili e sembra ci sia una totale assenza di supporto agli studenti, magari con insegnanti di sostegno. Sicuramente va contestualizzato agli anni ’80 in Giappone, però mi ha stupito che venga tutto delegato alle famiglie e al buon cuore di amici e compagni di classe.
E poi nel diario di Aya c’è la solitudine, che emerge quasi prepotente quando tutti riescono ad andare avanti con le loro vite, mentre lei si ritrova in un letto di ospedale, in lotta con il proprio corpo.
È un diario che riesce a mostrare il cambiamento fisico e psichico e prova a descrivere le sensazioni provate da Aya, tuttavia per me non c’è stato l’impatto emotivo devastante che forse mi sarei aspettata.
Un libro che si legge in poco tempo e in effetti fa paura perché si è inerti davanti alla malattia, soprattutto quando non esiste cura, eppure tranne pochi episodi – importanti dal punto di vista umano – ho mantenuto un reale distacco dalle vicende di questa ragazza. L’ho osservata attraverso le sue parole, ho pensato che non fosse giusto che passasse una vita in questo modo, eppure ha continuato a mancarmi qualcosa.
Sicuramente lo stile non ha aiutato; c’è sempre un po ‘di distacco nei libri di autori giapponesi e questo credo derivi anche dalla società e dal contesto nel quale vivono. Personalmente ho faticato a comprendere molte cose, che dal punto di vista umano mi sono sembrate un po’ assurde.
Essendo questo un diario, non posso parlarvi di personaggi ed evoluzione, anche perché è il racconto intimo della vita di un’adolescente che scopre di avere una terribile malattia.
Intorno a lei comunque gravitano solo figure femminili, dalla dottoressa alla madre, nonostante piccoli aiuti derivanti anche da altri ricoverati in ospedale.
La conclusione a questo libro viene data da una breve spiegazione sulla malattia e il percorso di cura da parte del medico curante di Aya e poi con una postfazione della madre della ragazza, una donna che ha vissuto il trauma di vedere una figlia malata.
È un libro che non mi ha particolarmente emozionata, però mi ha fatto riflettere.
C’è la ricerca spirituale, una sorta di lasciapassare per la propria anima e poi c’è l’importanza della ricerca medica, la speranza di trovare una cura.
Ecco. La malattia di Aya e anche altre purtroppo ancora oggi non hanno una cura, però possiamo avere fiducia nella ricerca, supportando e non denigrando coloro che decidono di passare la vita a studiare per dare una speranza a chi in questo momento, con una diagnosi di questo tipo, non potrebbe sopravvivere.
Come vi comportate davanti ai diari. Vi piacciono?
Scheggia
Cartaceo cover rigida
Cartaceo Economica
eBook